Consiglio europeo: ennesimo fallimento come governo dell’Ue
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(Da www.euractiv.it)
Il Consiglio europeo straordinario sulla crisi dei rifugiati si è concluso sostanzialmente con un rinvio rispetto all’accordo con la Turchia per bloccare il flusso di migranti.
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La Turchia ha chiesto più aiuti finanziari, la semplificazione dei visti per l’accesso dei cittadini turchi nell’UE, e l’accelerazione del processo di adesione all’UE. In una fase in cui la Turchia ha fatto gravi passi indietro nel rispetto dei diritti fondamentali – dalla libertà di espressione, stampa e associazione, ai diritti della minoranza curda – era difficile accettare tutto questo, anche se la Turchia resta una delle “porte” tra Medio Oriente e UE che vorremmo restasse chiusa in ingresso. Ma ci sono pochi strumenti per garantire che la Turchia rispetti gli eventuali accordi, e l’UE non ha dato il buon esempio, non avendo fornito i 3 miliardi di aiuti promessi mesi fa.
Si ripete oggi sulla crisi dei rifugiati quanto avvenuto per anni rispetto alla crisi economica e del debito sovrano: si susseguono riunioni dei capi di stato e di governo degli stati membri, riuniti nel Consiglio europeo, che cercano inutilmente di affrontare le crisi e di svolgere il ruolo di governo dell’Unione. Ormai vanno a Bruxelles 2 volte al mese tra riunioni ordinarie e straordinarie, implicitamente riconoscendo l’impotenza nazionale rispetto alle sfide sul tappeto - le elezioni nazionali eleggono il rappresentante nazionale nel Consiglio europeo più che un premier o un presidente. Ma al contempo non affidano alle istituzioni sovranazionali dell’UE i poteri e le competenze necessarie. Così il Consiglio europeo resta la sede del coordinamento tra i governi nazionali, in cui ciascuno difende i propri interessi e non quelli comuni - e ciascuno rilascia una conferenza stampa separata sostenendo di aver vinto a scapito degli altri, raccontando 28 diverse storie della riunione - trovando compromessi “di principio” su cui nessuno mette il veto perché vaghi e fumosi, la cui applicazione resta sulla carta, come per le quote di redistribuzione dei rifugiati, decise da mesi ma sostanzialmente inapplicate.
Nel corso della storia l’umanità ha inventato pochi strumenti per garantire un buon governo: il voto a maggioranza (democrazia diretta classica), le elezioni e la rappresentanza (democrazia rappresentativa moderna), la separazione dei poteri (il liberalismo), la tutela costituzione dei diritti e l’autonomia della magistratura (lo stato di diritto), la doppia rappresentanza di cittadini e stati membri in un legislativo bicamerale (la democrazia federale), la garanzia dei diritti sociali fondamentali per assicurare una base di partenza analoga a tutti i cittadini (lo stato sociale). Su queste basi è costruita mezza UE, quella del mercato unico, della co-decisione legislativa tra Parlamento e Consiglio dell’UE, del voto a maggioranza e della Commissione come esecutivo responsabile di fronte al Parlamento, e con la Corte di Giustizia in grado di far rispettare il diritto. Questa metà ha reso l’UE la prima potenza economica e commerciale al mondo. Ma l’altra metà - relativa al bilancio, alle tasse, alla politica economica, interna, estera e di difesa, alle riforme istituzionali - è rimasta intergovernativa, in balia dell’unanimità tra gli stati membri nel Consiglio europeo. Grazie a questa metà siamo “un nano politico e un verme militare” (Emma Bonino).
Di fronte alle attuali crisi – dall’economia, alla destabilizzazione geopolitica del nostro vicinato, al terrorismo, ai rifugiati – gli stati membri sono impotenti e chiedono l’intervento, la solidarietà, dell’UE. Chiusi in un’ottica nazionale siamo spaventati e ingigantiamo i problemi, ma il piccolo e povero Libano ha accolto 5 volte più rifugiati siriani di tutta l’UE. La disgregazione dell’UE e l’avvio di processi di de-civilizzazione in Europa – analogamente a quanto accaduto negli anni ’30 – sono un rischio reale. È ora di superare l’assurda pretesa del Consiglio europeo di essere il governo dell’UE. Ci sono crisi troppo serie per permetterci molti altri rinvii.
Photo credit: United Nations Photo via Foter.com / CC BY-NC-ND