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Corte Giustizia: welfare, limiti a sussidi per cittadini Ue che emigrano

16 Settembre 2015

(Da www.euractiv.it)

Corte Giustizia

I giudici di Lussemburgo bacchettano i turisti del welfare: non potranno ricevere sostegno in ogni caso

Stop ai sussidi di disoccupazione dati a pioggia. Dice questo, in sostanza, la sentenza appena pronunciata dalla Corte di Giustizia Ue: un paese membro può fissare legittimamente dei paletti e decidere di non concedere prestazioni sociali a un cittadino di un altro paese Ue che si trasferisce a caccia di lavoro. L’assistenza potrà scattare solo dopo un periodo minimo di impiego e solo se la persona cerca attivamente un’altra occupazione. Si tratta di un precedente importantissimo per la mobilità interna all'Unione europea.

Problema tedesco

Il caso riguarda la Germania. Non è un caso, dal momento che il paese tedesco è tra quelli che, in Europa, assicurano uno stato sociale più solido, oltre a molte opportunità di lavoro. E, quindi, sono tra le destinazioni preferite di chi, all’interno dell’Unione europea, si mette a cercare un nuovo impiego fuori dal proprio paese.

Il caso 

Tutto parte da una questione sorta tra il Jobcenter Berlin Neukölln e quattro cittadini svedesi. La famiglia Alimanovic – formata da una madre e tre figli - ha lasciato la Germania nel 1999 per recarsi in Svezia e vi ha fatto ritorno nel giugno 2010. Dopo il loro rientro, la madre e la figlia maggiore hanno svolto, sino al maggio 2011, diversi lavori di breve durata o hanno avuto solo opportunità di lavoro più brevi di un anno. Poi, non hanno più lavorato.

L'assicurazione sociale

Alla famiglia sono state accordate prestazioni di assicurazione sociale di base durante il periodo compreso tra il primo dicembre 2011 e il 31 maggio 2012: contributi di sussistenza per disoccupati di lungo periodo e, per i figli più piccoli, prestazioni sociali per “beneficiari inabili al lavoro”. Nel 2012 l’autorità competente in materia, il Jobcenter, un centro per l’impiego, ha interrotto il pagamento delle prestazioni. Il motivo è che madre e figlia maggiore erano considerate persone straniere il cui diritto di soggiorno era giustificato unicamente dalla ricerca di lavoro. Quindi, la famiglia ha perso ogni sostegno.

La sentenza della Corte 

La questione è arrivata, tramite un giudice tedesco e dopo diversi ricorsi, alla Corte di Giustizia Ue. La sentenza appena pronunciata spiega che rifiutare sussidi a un cittadino dell’Ue, “il cui diritto di soggiorno nel territorio di uno Stato membro ospitante è giustificato unicamente dalla ricerca di un lavoro”, non è contrario al principio della parità di trattamento. A tale riguardo, in passato, ci sono state già pronunce simili. 

I requisiti minimi chiesti dall'Ue 

La Corte, infatti, dice che le prestazioni sociali sono “volte a garantire mezzi di sussistenza a persone non in grado di farvi fronte da sole e che sono oggetto di un finanziamento non contributivo mediante prelievo fiscale”. Quindi, sono qualificate come assistenza sociale. Per potervi accedere, allora, un cittadino Ue deve rispettare alcuni requisiti minimi, paletti che gli impediscono di percepire l’assistenza sempre e comunque. 

Divieto di allontanamento 

In pratica, in base alle direttive comunitarie, dopo aver lavorato per un periodo inferiore a un anno ed essersi fatto registrare in un ufficio di collocamento, conserverà lo status di lavoratore e il diritto di soggiorno (con relativa assistenza) per almeno sei mesi. Oltre quella data, potrà restare nel paese per cercare lavoro ma non avrà alcuna garanzia. Non potrà, ovviamente, essere allontanato dal paese. 

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