Idrocarburi: CdM, verso recepimento direttiva Ue
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(Da www.euractiv.it)
Via libera preliminare del Consiglio dei ministri al decreto legislativo per il recepimento della direttiva Ue 2013/30 sulla sicurezza delle operazioni in mare nel settore degli idrocarburi. Tema già al centro di un'indagine della Commissione europea, dopo le denunce di alcuni esponenti M5S contro l'eccessiva libertà nella pratica di trivellazione nel Mediterraneo.
La direttiva Ue 2013/30
Obiettivi. Ridurre, per quanto possibile, il verificarsi di incidenti gravi legati alle operazioni in mare nel settore degli idrocarburi; aumentare la protezione dell’ambiente marino e delle economie costiere dall’inquinamento, fissando nel contempo le condizioni minime di sicurezza per la ricerca e lo sfruttamento in mare nel settore degli idrocarburi, limitando possibili interruzioni della produzione energetica interna dell’Unione e migliorando i meccanismi di risposta in caso di incidente.
Questi gli obiettivi fissati dalla direttiva Ue 2013/30 sulla sicurezza delle operazioni in mare nel settore degli idrocarburi, che ha introdotto regole più severe per le operazioni petrolifere off-shore. Varato dopo l'incidente del 2010 alla piattaforma petrolifera Deepwater Horizon - quando durante le fasi finali di realizzazione di un pozzo nelle acque profonde del Golfo del Messico si è verificata un'esplosione che ha provocato un incendio, causando 11 morti e innescando un'immensa fuoriuscita di idrocarburi dal fondale marino - il testo, entrato in vigore il 18 luglio 2013, intende armonizzare le normative dei paesi membri in materia.
La responsabilità dell'operatore. Un passaggio chiave del testo riguarda la responsabilità dell’operatore, sia dal punto di vista della sua individuazione, sia delle garanzie che tale soggetto deve fornire.
In fase di rilascio dell’autorizzazione alla prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi, l'Ue chiede allo Stato di assicurare che il soggetto autorizzato sia in possesso delle capacità non solo tecniche, ma anche economiche, per garantire in maniera costante operazioni sicure ed efficaci, in tutte le condizioni prevedibili, fornendo al contempo prove adeguate sulla capacità di adottare le misure idonee a coprire le responsabilità derivanti da incidenti gravi.
Detto in altri termini, i soggetti autorizzati diventano “operatori responsabili”, sul piano ambientale ed economico. Nello svolgimento di ogni attività legata alle operazioni in mare, la società dovrà quindi adottare le misure più idonee alla riduzione del rischio: dovrà cioè ridurre il rischio di incidente grave fino a raggiungere un livello minimo ragionevole, oltre il quale il costo di un’ulteriore riduzione del pericolo sarebbe assolutamente sproporzionato rispetto ai vantaggi.
La responsabilità dell’operatore è disciplinata anche nel momento in cui gli impianti di perforazione, non ancora attivi, sono in transito nelle acque marine: in tal caso vengono equiparati alle navi e sono soggetti alle convenzioni marittime internazionali e al diritto dell’Unione in materia.
Ulteriori innovazioni riguardano la fase della preparazione ed effettuazione delle operazioni in mare: la direttiva introduce particolari cautele che consentono una pianificazione dettagliata dei rischi e delle misure di intervento da adottare in caso di incidente, consentendo una più accurata vigilanza da parte dell’autorità designata dallo Stato membro.
L'autorità competente. Un ultimo passaggio importante riguarda la designazione, da parte dello Stato, di un’autorità responsabile per le funzioni di regolamentazione. Indipendenza e scambio di informazioni sono le caratteristiche che l'autorità dovrà garantire. Se le compagnie private non rispettano gli standard minimi, gli Stati membri dovranno prendere provvedimenti e imporre multe e sanzioni che potrebbero arrivare sino allo stop delle operazioni di trivellazione.
Le polemiche e l'apertura di un'indagine Ue
Numerose le sollecitazioni affinché il recepimento della direttiva in questione fosse rapido, e non solo da parte degli ambientalisti. A novembre l'eurodeputato M5S Ignazio Corrao aveva presentato a Bruxelles una prima interrogazione in cui chiedeva alla Commissione europea di svolgere indagini sulla possibile violazione della direttiva 2013/30. Nel mirino, l'Art. 38 dello Sblocca Italia (“Misure per la valorizzazione delle risorse energetiche nazionali”), che secondo Corrao permetterebbe eccessiva libertà nella pratica di trivellazione nel Mediterraneo.
A gennaio, l'Esecutivo Ue ha rigettato la prima denuncia dell'europarlamentare, fornendo come principale argomentazione il fatto che il termine per la trasposizione della direttiva 2013/30/Ue non fosse ancora scaduto e che non vi fosse motivo per escludere che l'Italia avrebbe rispettato la nuova normativa europea. A quel punto, l'eurodeputato M5S ha presentato una seconda interrogazione sul tema, in linea con le iniziative già intraprese alla Camera dalla deputata pentastellata Claudia Mannino e all'interno dell'Assemblea regionale siciliana dal presidente della Commissione Ambiente e territorio dell'Ars Giampiero Trizzino (M5S). E a questa seconda sollecitazione l'Esecutivo comunitario ha risposto in modo diverso, comunicando ufficialmente l'apertura di un'indagine.
Il recepimento della direttiva in Italia
La scadenza per il recepimento del testo negli ordinamenti nazionali è fissata al 19 luglio 2015. In Italia l'iter è iniziato con l'inserimento della direttiva nella Legge di delegazione europea 2013 - secondo semestre, con cui il Parlamento italiano ha dato la delega al Governo di adottare una serie di normative Ue. La Legge di delegazione europea ha sostituito, insieme alla Legge europea, la tradizionale Legge comunitaria per l'adeguamento all'ordinamento dell'Unione.
Nello specifico, la Legge di delegazione europea è volta al conferimento di deleghe legislative per il recepimento delle direttive e degli altri atti dell'Unione europea che devono essere integrati nella legislazione italiana. In seguito all'inserimento nella Legge di delegazione europea 2013 - secondo semestre, il Consiglio dei ministri ha approvato in via preliminare il decreto legislativo di attuazione della direttiva 2013/30.
Tre le principali innovazioni introdotte dal provvedimento rispetto alla normativa nazionale già vigente. In primo luogo, l’integrazione della normativa italiana in materia di sicurezza per le attività offshore e della relativa salvaguardia ambientale. Prevista inoltre l’istituzione di un'autorità competente, che individui le responsabilità dell’operatore per il controllo dei grandi incidenti, attivi procedure per la valutazione approfondita delle relazioni sui grandi rischi e di ogni altra specifica documentazione richiesta agli operatori del settore e provveda a far rispettare le norme della direttiva stessa anche mediante ispezioni, indagini e azioni di esecuzione. Infine, si legge nella nota di Palazzo Chigi, l’introduzione di ulteriori sanzioni applicabili in caso di violazione delle disposizioni nazionali adottate conformemente alla direttiva Ue, nonché tutte le misure necessarie per garantirne l’attuazione.
Commenti
“L'adozione in Consiglio dei Ministri della direttiva sulle piattaforme offshore rende ancora più efficace il nostro controllo sulle operazioni in mare, a tutela dell'ambiente e delle nostre coste”, ha dichiarato il ministro dell'Ambiente Gian Luca Galletti. “Già oggi l'Italia ha una normativa avanzatissima, che consente di ottenere i massimi livelli di sicurezza anche attraverso l'impiego di navi e satelliti: con questa direttiva compiamo un altro importante passo in avanti, con una nuova autorità di controllo e ulteriori sanzioni”, ha aggiunto il ministro.
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Sottolineo il fatto che nello specifico, la Legge di delegazione europea è volta al conferimento di deleghe legislative per il recepimento delle direttive e degli altri atti dell'Unione europea che devono essere integrati nella legislazione italiana.