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Emissioni: Pe-Consiglio, accordo raggiunto su ETS

08 Maggio 2015

(From www.euractiv.it )

 Kris Krug / Foter / CC BY-NC-ND

Accordo raggiunto fra Parlamento europeo e Consiglio dei Ministri dell'Unione sull'anticipazione al 2019 della riforma del meccanismo europeo per lo scambio delle quote di emissioni di CO2 (Ets), inizialmente prevista per il 2021. Un passo in avanti verso il raggiungimento degli obiettivi posti dal pacchetto energia e clima per 2030.

Una storia tormentata

Non sono mancati i tira e molla, nè le polemiche per riformare il sistema europeo per lo scambio delle quote di emissioni di gas a effetto serra (Ets). E' l'aprile del 2013 quando il Parlamento respinge, a sorpresa, la misura proposta dalla Commissione europea di congelare 900 milioni di tonnellate di quote di emissioni di CO2. Ma quella di Strasburgo non è una vera e propria bocciatura, piuttosto un rimandare il testo al mittente, emendandolo con la richiesta di introdurre condizioni più rigorose.

A luglio dello stesso anno, infatti, passa in plenaria la risoluzione che propone di congelare la vendita all'asta di un certo numero di permessi d'emissione CO2 per incoraggiare le imprese a investire in innovazioni a basse emissioni di carbonio. Alla luce del crescente surplus di quote di emissione - causato da un eccesso di offerta e del rallentamento economico - si è assistito a una caduta del prezzo del carbonio ben al di sotto dei livelli stimati quando è stato creato il sistema europeo di scambio delle emissioni (Ets). La risoluzione approvata nel luglio 2013 intende quindi dare il via libera alla Commissione affinché rinvii la tempistica di una porzione dei crediti da mettere all'asta.

Nel 2014, non c'è ancora l'accordo sull'Ets. E la riforma del meccanismo per lo scambio di quote di gas ad effetto serra figura tra le priorità della presidenza italiana del Consiglio dell'Unione: “il principale strumento comunitario per la lotta ai cambiamenti climatici”, come l'aveva definito il ministro dell'Ambiente Gian Luca Galletti illustrando gli obiettivi del semestre di presidenza italiana in Parlamento europeo.

Un tassello fondamentale del Pacchetto energia clima 2030

Anche volendo tralasciare le molte questioni ambientali e industriali legate al testo, l'importanza della riforma dell'Ets va inquadrata in un contesto più ampio. Tale meccanismo, infatti, rappresenta un tassello fondamentale del Pacchetto energia clima 2030, approvato dal Consiglio europeo il 23 ottobre. Pacchetto che prevede una riduzione obbligatoria delle emissioni di CO2 del 40% entro il 2030 nell'insieme dell'Ue rispetto ai livelli del 1990.

Al raggiungimento degli obiettivi del pacchetto concorreranno appunto l'Ets NER 300 (New Entrant Reserve 300), il programma promosso dall'Esecutivo Ue in collaborazione con la Banca europea per gli investimenti che contribuisce alla realizzazione di progetti in materia di rinnovabili e tecnologie per la cattura e lo stoccaggio del carbonio con i proventi della vendita di 300 milioni di quote di emissione, e che verrà rinnovato con una dotazione di 400 milioni di quote di emissioni (NER400).

Sul fronte Ets, onde evitare il rischio di rilocalizzazione delle emissioni di CO2, il Consiglio europeo ha deciso di andare avanti con l'assegnazione di quote gratuite e ha previsto l'istituzione di una riserva del 2% di quote Ue Ets per eventuali investimenti aggiuntivi da parte di stati membri con Pil inferiore al 60% della media Ue.  

Accordo raggiunto

L'accordo raggiunto fra i negoziatori delle istituzioni comunitarie riguarda appunto la quota di riserva, che avrà il compito di far fronte alla questione dell'eccedenza che negli ultimi anni ha fatto crollare il prezzo della CO2. Detto in altre parole, la riserva in questione intende eliminaregli impatti negativi dell’eccedenza di quote disponibili.

La proposta di riforma andrebbe a creare un sistema che fa passare automaticamente una porzione di quote Ets dal mercato alla cosiddetta riserva di stabilità, se l'eccedenza è superiore a una certa soglia. In particolare, i 900 milioni di quote di emissione backloaded sarebbero messe in riserva, insieme a circa 600 milioni di quote non assegnate. Punto, quest'ultimo, in linea con quanto richiesto dalla commissione Ambiente del Parlamento europeo in un testo approvato a febbraio di quest'anno.

Accordo anche sulla tempistica: mentre il Parlamento europeo proponeva di introdurre la riserva entro la fine del 2018, Commissione e Consiglio premevano affinché fosse introdotta entro il 2021. L'accordo di martedì ha trovato una mediazione, con l'avvio del meccanismo dal 2019.

I commenti

“Abbiamo raggiunto un buon equilibrio tra un'ambiziosa ed efficace riforma del sistema Ets e forti garanzie per assicurare che le industrie ad alta intensità energetica in Europa non siano obbligate a spostare i loro impianti di produzione in paesi al di fuori dell'Ue con politiche climatiche meno severe”, ha dichiarato il negoziatore per il Parlamento Ivo Belet (Ppe). “Per le industrie energivore, ridurre le emissioni di CO2 è un compito arduo. Questo accordo fornisce garanzie a queste aziende per impedire di delocalizzare i loro impianti di produzione in paesi extra Ue dove possono produrre con politiche climatiche meno rigorose, mentre 50 milioni di allocazioni saranno destinate ad un fondo per l'innovazione”, conclude Belet.

Compromesso soddisfacente per tutti. Così lo definisce il presidente della commissione Ambiente del Parlamento europeo Giovanni La Via (Ncd): “Questa riforma pone l'Ue in una posizione di leadership in vista della prossima Conferenza sul clima (COP21) a Parigi e ci permette di proporre piani concreti per raggiungere gli obiettivi climatici al 2030”.

“Il testo raggiunge un giusto equilibrio tra le politiche industriali e climatiche. Disposizioni per il 'carbon leakage' e soglie adeguate per l'attivazione della riserva daranno all'industria la possibilità di adattarsi al nuovo sistema senza costi aggiuntivi”, dichiara il vicepresidente del Parlamento europeo ed ex commissario all'Industria Antonio Tajani (Fi).

Dal Pe ulteriori misure per limitare le emissioni inquinanti e e

mendamento di Doha al Protocollo di Kyoto

A poche ore dal raggiungimento dell'accordo, la commissione Ambiente del Parlamento europeo ha dato il via libera alla limitazione delle emissioni nell’atmosfera di inquinanti originati da impianti di combustione medi, curato dal polacco Andrzej Grzyb (Ppe). Il testo intende principalmente ridurre gli oneri amministrativi per le Pmi, fissando valori massimi di emissioni di biossido di zolfo (SO2), ossidi di azoto (NOx) e delle polveri degli impianti di combustione esistenti, che entreranno in vigore nel 2020 per gli impianti di combustione con potenza termica nominale superiore a 15 MW, nel 2022 per quelli con un ingresso tra 5 e 15 MW e nel 2027 per quelli con un ingresso di 5 MW o inferiore.

Nel corso della stessa tornata di votazioni, la commissione Envi ha dato il via libera al prolungamento dell'impegno del protocollo di Kyoto fino al 2020. Passa così, con 60 voti a favore e 3 contrari, il cosiddetto “emendamento di Doha”, che per l'Ue implica una riduzione del 20% delle emissioni di CO2 entro il 2020, già fissata dall'Ue con il pacchetto clima-energia, e rappresenta soprattutto un segnale significativo in vista dei negoziati Onu per la lotta contro i cambiamenti climatici.

“Si tratta di un passo importante prima di Parigi, dove sarà essenziale raggiungere un accordo globale, firmato da tutti i principali emettitori”, nota la relatrice Elisabetta Gardini (Fi). Che avverte: “Se questo non avverrà, tutti gli sforzi fatti dall'Europa saranno stati un sacrificio inutile".

Firmato nel 1997 e ratificato dall'Ue nel 2002, il protocollo di Kyoto aveva fissato un limite annuale vincolante alle emissioni di gas serra per i firmatari - una riduzione dell'8% rispetto ai livelli del 1990 - per il periodo 2008-2012. Il secondo periodo di impegno, dal 2013 al 2020, è stato concordato alla conferenza sul clima di Doha a dicembre del 2012 e serve a coprire il gap fino alla data in cui dovrebbe entrare in vigore l'accordo attualmente in fase di negoziazione, atteso dalla conferenza Onu di Parigi di quest'anno.

La plenaria si esprimerà sul testo a giugno. A quel punto “la palla passa al Consiglio e agli Stati membri. E' auspicabile che i processi nazionali di ratifica abbiano luogo entro la prima parte del 2015 e che gli stati membri e l'Unione depositino i propri strumenti di accettazione ben prima della Conferenza di Parigi”, conclude la Gardini.

Photo credit: Kris Krug / Foter / CC BY-NC-ND