Schede primarie

La comunicazione social, l'emergenza, il tono da usare coi cittadini

21 Maggio 2019

(Da www.formez.it)

di Cecilia Vedana

In occasione dell’ultima giornata di ForumPA, FormezPA ha realizzato un incontro sulla corretta comunicazione social per la trasparenza totale. Sono intervenuti Mario Morcellini – Consigliere AgCom , Gianluca Luciano - Editore  Caffeina Media, Francesco di Costanzo – Presidente PA Social, Livio Gigliuto- Vicepresidente Istituto Pierpoli, Flavia Marzano - Assessore Roma Semplice Roma Capitale, Sergio Talamo Direttore Comunicazione FormezPA e Roberta Crudele - Comunicatore pubblico FormezPA. Franceso Pira – Università degli Studi Messina è intervenuto con un video.

Il tema del dibattito è stato l’uso dei social per una corretta comunicazione pubblica. L’incontro è nato prendendo spunto dai due significativi eventi che hanno visto coinvolti i social media manager di INPS e della Polizia di Stato, enti “accusati” da alcuni di non avere gestito in modo consono l’informazione e la relazione sui social. Questi eventi, che hanno incontrato l’approvazione o l’indignazione del pubblico della rete, secondo quanto espresso dal direttore della comunicazione FormezPA Sergio Talamo, non vanno criticati a priori e neppure vanno condannati coloro i quali spesso, anche in orario extra lavorativo, sono impegnati sui social rispondendo a chi chiede informazione e trasparenza.

I social, terreno di confronto alla pari tra pa e cittadini?

I social sono terreno in cui si sviluppa qualsiasi tipo di linguaggio o relazione, sono luogo in cui a volte il rappresentante istituzionale viene preso di mira o insultato pubblicamente. Si tratta di una nuova condizione di lavoro in cui più che la reazione “di pancia”, a cui noi tutti saremmo soggetti, va trovata una risposta proprio nell’individuazione delle regole che dovrebbero sostenere l’operato di questi comunicatori pubblici, che non solo sono “pionieri” della comunicazione social, ma che si trovano a lavorare nella “trincea della comunicazione”. L’obiettivo, quindi, non è indignarsi, o meno, davanti alla scelta estrema della Polizia di Stato che ha postato i video delle violenze di Manduria sul proprio canale social, e neppure quello di additare chi ha deciso di reagire ai post dell’utente in modo “poco istituzionale”come è stato forse il caso di INPS, ma come dice Talamo “interrogarci su cosa si deve postare e come parlare all’utente” perché “ciò che conta nella PA è ciò che appare davanti alla gente”. Vanno quindi non solo individuate le regole per la corretta gestione social, ma va anche riconosciuto a questi comunicatori una reale competenza professionale con l’auspicata legge 151 che andrebbe a riformare l’obsoleta legge 150/2000. La comunicazione social, di cui si parla moltissimo, e che è una realtà quotidiana per tutti noi -continua Talamo -“non è prevista in nessuna legge e il solo riferimento esplicito all’uso dei social nella comunicazione istituzionale e pubblica è quello della Circolare 2 del 2017”.

Professionalità e professionisti per gestire i social della pa

L’Assessore alla Trasparenza del Comune di Roma, Flavia Marzano, è intervenuta al dibattito sottolineando  come i social non sono tanto pericolosi di per sé ma sono strumenti da usare con consapevolezza e che vanno messi in mano alla giusta professionalità. Va individuata la giusta social media policy che, nel caso del Comune di Roma, si riassume con “rispondo sempre a tutti immedesimandomi nell’utente e rispondendo nel suo linguaggio” favorendo una comunicazione semplice ed efficace, ma soprattutto l’accountability. Si tratta, come ha sottolineato Talamo di “una grammatica della comunicazione a livello social”. Lo stesso Mario Morcellini ha ricordato che “si attiva la comunicazione solo se sei in grado di metterti in gioco” anche con una dose di sentimento e partecipazione, oltre al linguaggio usato. Ha rimarcato la sconnessione tra la realtà in cui i comunicatori sono impegnati a raccontare il mondo, le relazioni e gli avvenimenti e quanto invece viene loro riconosciuto in termini di professionalità ed “elementi di rappresentanza istituzionale”.Riferendosi a questa dicotomia sottolinea come“la democrazia e lo spazio pubblico trasparente lo stiamo ancora aspettando”.Gianluca Luciano ha ripreso il tema del valore democratico nella comunicazione social dal punto di vista della fruizione delle informazioni sui social da parte dell’utente. Spesso le macchine che sviluppano gli algoritmi e il marketing mirano ad aumentare l’engagement suscitando reazioni e discussioni, anche e soprattutto animate per fare sostare più a lungo il lettore. In questo modo vengono letti e decodificati i nostri gusti e le nostre opinioni, ricevendo spesso informazioni sempre più vicine al nostro punto di vista, perdendoci il resto. “Le aziende –ha insistito Luciano- hanno fatto le applicazioni per litigare di più, il loro valore dipende dal tempo che trascorriamo sul social e su un post”.

Francesco di Costanzo, ricordando una recente evento che ha visto protagonista Unicredit, sottolinea come i social nel bene e nel male sono il luogo dove gli utenti, i cittadini stanno. “Bisogna stare dove stanno i cittadini” e la scelta di UniCredit di rinunciare a facebook, perché probabilmente difficilmente gestibile, non tiene di fatto conto di una realtà e di una platea con cui siamo chiamati a confrontarci.

Anche Livio Gigliuto – Direttore dell’Osservatorio sulla comunicazione digitale sottolinea come non si possa essere sordi e ci si debba piuttosto chiedere nella gestione della comunicazione social  “Cosa si aspettano i cittadini?”

Infine, Roberta Crudele ha sottolineato come in pochi anni la percezione collettiva dei social sia cambiata diventando da strumenti di comunicazione globale di valori alti legati proprio alla democrazia (si veda la lezione delle primavere arabe) a strumenti guardati a volte con sospetto, non sempre gestiti nel modo migliore, in cui l’informazione viene a volte indirizzata o pilotata abbracciando i gusti e le tendenze del lettore. Un mondo in cui possono diffondersi le fake news per fare engagement e dove il litigio è quasi auspicato. Il punto, sostiene Roberta Crudele, è che i social non sono ne buoni né cattivi, ma uno strumento in mano ad un’umanità fragile ed emotiva e di questo dobbiamo essere consapevoli.