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Piano Juncker: economisti, realistico non sufficiente

15 Aprile 2015

(From www.euractiv.it )

Il piano Juncker può effettivamente sviluppare 315 miliardi di euro d’investimenti in tre anni, a partire dai 21 miliardi ‘freschi’ previsti: fiducia in tal senso è stata oggi espressa a Roma da un panel di economisti ‘europeisti’, che hanno analizzato le potenzialità dell’iniziativa, ma ne hanno pure denunciato i limiti operativi, strutturali e istituzionali. Il Piano –è stato detto- è un momento di svolta, ma non è sufficiente.

Il Piano Juncker è un’iniziativa di rilancio degli investimenti nell’Unione che prende il nome dal presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker, che ne ha fatto l’elemento portante del proprio programma di legislatura.

A fare il punto sullo stato d’attuazione del Piano Juncker, e a discuterne potenzialità e limiti, il comitato italiano del Movimento europeo (Cime) ha chiamato due economisti, Paolo Guerrieri, senatore del Pd, docente alla Sapienza, e Alberto Majocchi, docente a Pavia. Il dibattito, presso lo Spazio Europa, a Roma, è stato aperto dal presidente del Cime Pier Virgilio Dastoli e chiuso dal segretario generale Fabio Masini.

Gli economisti sono concordi nel ritenere che il rapporto di 15 a 1 tra investimento iniziale e investimento generato è alto, ma non eccessivo: le polemiche di stampa e politiche, sul piano miracoloso che moltiplica pani e pesci, sarebbero superficiali e fuorvianti.

Guerrieri e Majocchi constatano che il Piano segna un momento di discontinuità rispetto alle politiche di rigore del passato ed è un passo nella direzione giusta per promuovere crescita e occupazione. Però, è ancora incompleto, specie sul fronte della governance e della creazione in Europa di un clima favorevole agli investimenti; e, soprattutto, non è sufficiente.

Per Guerrieri, relatore sul tema in Senato, l’Unione monetaria non può reggere senza un’Unione fiscale e, in prospettiva, un’Unione politica. Per Majocchi, l’eurozona deve dotarsi d’un bilancio addizionale rispetto a quello dell’Ue, con risorse proprie ricavate sia dalla tassazione delle transazioni finanziarie, già concordata da 11 Paesi dell’Unione, sia dall’introduzione di una Carbon Tax.