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Smog: Italia rischia ricorso a Corte di giustizia Ue

04 Gennaio 2016

(Da www.euractiv.it)

La Commissione europea sarebbe pronta a passare alla seconda fase della procedura d'infrazione per la mancata riduzione dello smog nelle maggiori città italiane

Secondo quanti riferiscono fonti della Commissione europea, l'Italia sarebbe nel mirino dell'Esecutivo comunitario a causa della mancata riduzione dello smog, in particolare delle polveri sottili, nelle maggiori città italiane.

Il primo richiamo in materia di qualità dell'aria da parte di Bruxelles risale al luglio 2014, quando la Commissione ha avviato una procedura d'infrazione nei confronti dell'Italia, indicando 19 zone e agglomerati con livelli di smog troppo elevati. Una precedente procedura d'infrazione si era conclusa nel 2012 con una condanna della Corte di giustizia Ue che confermava il mancato rispetto nel 2006 e nel 2007 dei limiti di PM10 in 55 zone.

A fine 2015, l'Italia torna a sforare le soglie indicate dalla direttiva Ue sulla qualità dell'aria per la concentrazione di particolato Pm10 (la soglia media annuale di 40 microgrammi per metro cubo e quella giornaliera di 50 microgrammi per metro cubo) in tutta la pianura padana (Emilia Romagna, Piemonte, Lombardia e Veneto), a Roma e a Napoli.

In queste aree "siamo a circa 100 giorni di superamento del limite massimo giornaliero di 50 microgrammi per metro cubo, il triplo della soglia di tolleranza di 35 giorni all'anno", spiegano fonti della Commissione.

Bruxelles sarebbe dunque pronta a passare alla seconda fase della procedura d'infrazione, il parere motivato, che potrebbe portare successivamente al ricorso alla Corte di giustizia Ue.

A ritardare finora l'approdo del caso italiano sui banchi della Corte Ue l'assenza di dati sulle concentrazioni di gas inquinanti relativi al 2014, che non erano ancora pervenuti alla Commissione alla scadenza prevista del 30 settembre scorso; inoltre, l'Italia non avrebbe comunicato i dati del 2013. Solo il 30 novembre scorso i dati relativi a entrambi gli anni sarebbero pervenuti a Bruxelles.

Se a seguito della verifica delle informazioni fornite la Commissione non dovesse essere soddisfatta delle misure intraprese dal paese per far fronte allo smog, il caso potrebbe approdare alla Corte di giustizia. E allora l'Italia rischierebbe una multa stimata in circa 1 miliardo di euro. Cifra che si ottiene considerando i tre coefficienti che determinano l'ammontare complessivo delle sanzioni: il coefficiente paese, molto alto per i grandi stati membri come l'Italia; il coefficiente durata dell'infrazione (per l'Italia siamo a 10 anni di sforamenti, da quando entrò in vigore la direttiva qualità dell'aria nel 2005); e infine il coefficiente gravità, che in questo caso è il massimo possibile, trattandosi di violazioni che minacciano direttamente la salute dei cittadini, spiegano le fonti comunitarie.

La situazione italiana è simile a quella riscontrata in Bulgaria e Polonia, due paesi membri per i quali la Commissione ha già adito la Corte di Giustizia, rispettivamente il 18 giugno e il 10 dicembre scorsi. E se l’Italia si colloca subito dopo questi due paesi per il numero di giorni di “sforamento” l’anno, la situazione nella Penisola “è peggiore in termini di morti premature attribuite all’esposizione al Pm10 e al biossido di azoto: le cifre ufficiali, fornite dall’Agenzia europea per l’Ambiente, vedono l’Italia al primo posto assoluto nell’Ue con 84mila decessi prematuri all’anno”, sottolineano le fonti. Si tratta, aggiungono, di “livelli di esposizione incompatibili con il diritto alla protezione della salute dei cittadini, che è il primo obiettivo delle norme Ue sulla qualità dell’aria”.