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Unione Energia: imprese, su clima servono obiettivi globali

15 Maggio 2015

(Da www.euractiv.it)

Unione energia

L'Europa non può correre da sola. Questa, in estrema sintesi, la posizione condivisa da Confindustria e R.E TE. Imprese Italia nel corso dell'audizione in Senato in merito al pacchetto Unione dell'energia. Ovvero, è bene che l'Ue si ponga obiettivi ambiziosi per la riduzione delle emissioni di gas serra, purché si tratti di target condivisi a livello globale.

Il pacchetto Unione dell'energia definisce la strategia a lungo termine dell’Unione europea proponendosi come una roadmap ambiziosa, articolata in 5 pilastri e 15 azioni, per costruire un sistema energetico integrato a livello continentale, basato sulla concorrenza, su un uso efficiente delle risorse e su una regolamentazione efficace, che permetta la sicurezza degli approvvigionamenti, la riduzione delle emissioni inquinanti e la competitività delle imprese. 

Secondo il vicepresidente dell'Esecutivo comunitario Maroš Šefčovič e il commissario per l'Azione climatica e l'Energia Miguel Arias Canete, si tratterebbe del “più ambizioso piano europeo per l'energia dai tempi della Comunità europea del carbone e dell'acciaio”.Ma i rappresentanti dell'industria e delle imprese italiane nutrono alcuni dubbi in merito.

La posizione di Confindustria

"Benché le proposte contenute nel pacchetto Unione dell'energia possano rappresentare uno strumento di programmazione strategica di lungo periodo, la Commissione europea rischia di commettere l’errore, già compiuto in passato, di fissare obiettivi eccessivamente ambiziosi, in particolare sul piano della riduzione delle emissioni di gas serra, prima di avere avviato i negoziati internazionali volti ad una condivisione e alla partecipazione anche degli altri paesi al raggiungimento dei target”, dichiara Andrea Bianchi, direttore dell'area Politiche industriali di Confindustria nel corso dell'audizione al Senato.

La critica di Confindustria riguarda in particolare uno dei pilastri del pacchetto, il quarto, quello relativo alla decarbonizzazione dell’economia, che punta al raggiungimento del target del 40% di riduzione obbligatoria delle emissioni di CO2 fissato nel Pacchetto energia e clima per il 2030.

Fondamentale in tal senso la Conferenza internazionale sul clima di Parigi (COP21). E' lì che l'Europa dovrà giocare bene la propria partita: il fatto che l'Ue voglia “mantenere la propria leadership internazionale per la lotta ai cambiamenti climatici può rappresentare un elemento positivo, laddove quest'ambizione porti a un accordo di carattere globale”. Senza un accordo preventivo con gli altri player globali, dunque, l'Europa rischia di trovarsi in svantaggio. E a pagare dazio, sarebbero le industrie europee.

Confindustria non propone però di fare un passo indietro, né tanto meno di rimanere con le mani in mano: “in attesa di un accordo che ristabilisca un level playing field su scala globale, è necessario che l’Unione europea continui a prevedere misure efficaci per ridurre i costi diretti e indiretti dell’Emissions Trading per i settori energivori e contrastare il conseguente rischio di delocalizzazione, il cosiddetto carbon leakage”, nota Bianchi.

Quanto agli altri punti del pacchetto, Confindustria è più morbida: “gli obiettivi individuati nelle linee generali dell’Unione dell'energetica possono costituire un'occasione importante per realizzare da un lato una politica di lotta ai cambiamenti climatici integrata con le politiche di sviluppo dei mercati energetici, dall'altro una politica ambientale ed energetica in grado di promuovere anche le filiere industriali europee”, nota Bianchi.

Pieno appoggio al terzo e al quinto pilastro della strategia proposta dalla Commissione europea, quelli cioè volti a implementare l'efficienza energetica e gli investimenti in ricerca e innovazione. Quanto ai restanti punti del pacchetto, 'Sicurezza e solidarietà' e 'Integrazione del mercato dell'energia', i rappresentanti degli industriali mostrano di condividerne gli obiettivi generali e si dicono pronti ad aprire un dibattito sugli strumenti di attuazione.

“Per parlare di sicurezza occorre una diversificazione delle rotte di approvvigionamento, prevedendo maggiori investimenti infrastrutturali, una reale solidarietà tra stati membri e una maggior trasparenza negli accordi bilaterali con i paesi terzi sulle forniture di gas”.

In ballo, ovviamente, c'è la dipendenza energetica europea da paesi geo-politicamente instabili, che si traduce in uno strumento di pressione politica. La ricetta proposta da Confindustria in tal senso consiste in “una maggiore trasparenza nei contratti di fornitura di gas, nella diversificazione delle fonti energetiche, dei fornitori e delle rotte e nell'adozione di una politica di investimenti infrastrutturali (pipeline e centrali di spinta) in grado di utilizzare anche il potenziale di gas naturale liquefatto (GNL) in Europa”.

Le infrastrutture rappresentano, secondo il direttore dell'area Politiche industriali di Confindustria, anche un nodo cruciale per realizzare un mercato dell’energia integrato: “occorre concentrarsi su progetti che vedono la costruzione di infrastrutture necessarie ad integrare i mercati energetici nazionali e a collegare le isole energetiche”.

La posizione di

R.E TE. Imprese Italia

Obiettivi ambiziosi, importanti e condivisi. Così Maria Fermanelli, vicepresidente della CNA e rappresentante di R.ETE. Imprese Italia, descrive il pacchetto Unione dell'energia nel corso dell'audizione in Senato.

“L’implementazione di tali obiettivi richiede un ruolo straordinario e coordinato di tutti gli stati membri, che preveda anche, laddove necessario, un impegno in termini di investimenti e risorse; un impegno che sicuramente ricadrebbe in maniera positiva sulla competitività del sistema economico e, dunque, sulla crescita complessiva dell’Unione”. Perché ciò sia possibile, “serve anche una governance solida e un intervento sulle barriere che, fino ad oggi, hanno ostacolato il raggiungimento di tali obiettivi”.

Secondo Fermanelli, “è importante che l’Unione europea mantenga una strategia energetica forte con obiettivi ambiziosi”, partendo dal presupposto che “su temi quali la concorrenza dei mercati, il costo dell’energia, la sicurezza degli approvvigionamenti, le infrastrutture e la sostenibilità energetica, occorre ancora uno sforzo importante per raggiungere i necessari risultati”.

Entrando nel merito del pacchetto, la rappresentante di R.E TE. Imprese Italia si concentra in primo luogo sull'importanza attribuita dalla Commissione europea all'efficienza energetica: “le comunicazioni comunitarie individuano negli edifici e nell’edilizia un possibile destinatario di interventi, e la Commissione elaborerà un'iniziativa di finanziamento per gli edifici intelligenti volta a rendere gli immobili esistenti più efficienti sotto il profilo energetico, agevolando l'accesso agli strumenti di finanziamento esistenti”.

L'Italia, secondo Fermanelli, non può stare a guardare: l’attenzione posta sul tema da parte dell'Esecutivo Ue “dev'essere considerata come un’opportunità per il nostro paese per raccogliere risorse provenienti da Bruxelles al fine di innovare un patrimonio edilizio esistente che, in misura prevalente, è stato costruito prima che fossero introdotte le norme sull’efficienza energetica e che pertanto oggi detiene un potenziale di risparmio energetico di assoluta rilevanza”.

Fondamentali in tal senso potrebbero rivelarsi le detrazioni fiscali per la riqualificazione energetica e le ristrutturazioni edilizie, purché si dia “stabilità allo strumento di incentivazione, ponendo fine alla modalità di procedere con proroghe”, finora adottate, e prevedendo semmai un potenziamento e un'estensione di tale strumento a nuove tipologie di intervento.

I meccanismi incentivanti che, al contrario, vengono criticati da R.E TE. Imprese Italia riguardano le rinnovabili. Nel pacchetto Unione dell'energia tali fonti energetiche svolgono un ruolo chiave, e l'obiettivo di Bruxelles è far sì che l'Europa diventi leader globale nel settore. Una strategia condivisa da R.E TE. Imprese Italia, purché non si ripetano, e anzi si superino, “gli errori del passato, quali l’effetto innescato da politiche di incentivazione non coordinate tra paesi comunitari, l’assenza di una governance europea che non ha consentito di sfruttare appieno il processo di industrializzazione, su base europea, della produzione delle tecnologie connesse alle FER, l’impatto sulle bollette delle politiche di incentivazione”.

Ma la vera critica mossa da Fermanelli al pacchetto riguarda il tema delle emissioni, e coincide sostanzialmente con quanto sostenuto dal rappresentante di Confindustria nel corso dell'audizione in Senato: “l'appuntamento di Parigi, dopo gli ultimi tentativi falliti, potrebbe rappresentare uno snodo importante per definire un nuovo accordo giuridicamente vincolante e applicabile a tutti i paesi nell’ambito della lotta ai cambiamenti climatici e al surriscaldamento del pianeta”, nota Fermanelli. Purché l'Unione non combatta da sola questa battaglia.

“L’Europa non può da sola contrastare l’innalzamento delle temperature”, piuttosto dovrebbe “giocare un ruolo di traino nel dibattito internazionale, anche nel coinvolgimento di paesi con emissioni molto rilevanti che, finora, sono rimasti fuori dagli impegni. La competitività del sistema economico europeo deve tornare ad essere il fulcro dell’azione comunitaria nel rispetto di un percorso di sostenibilità”.