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Unione energia: le indicazioni del Senato

26 Giugno 2015

(Da www.euractiv.it)

foto di Paul Hermans

Riformare il mercato Ets, valutare l'introduzione graduale di una carbon tax, eliminare progressivamente gli incentivi alle fonti fossili e sviluppare le rinnovabili facendo attenzione a non generare distorsioni di mercato. Sono alcuni dei suggerimenti contenuti nella risoluzione approvata dalle commissioni Industria e Ambiente del Senato sul pacchetto Unione dell'energia.

Il pacchetto Unione dell'energia prevede 5 pilastri e 15 azioni per costruire un sistema energetico integrato a livello continentale, basato sulla concorrenza, su un uso efficiente delle risorse e su una regolamentazione efficace, che permetta la sicurezza degli approvvigionamenti, la riduzione delle emissioni inquinanti e la competitività delle imprese.

Dopo una serie di audizioni con i rappresentanti di industria, ambientalisti, associazioni del settore, operatori, Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico e del Governo per individuare i punti di forza e debolezza dell'Energy Union, le commissioni Industria e Ambiente del Senato tirano le somme sulla strategia messa a punto dalla Commissione europea. Le prime proposte per l'attuazione del pacchetto, relative al mercato interno dell'energia, verranno presentate il 15 luglio, come annunciato, proprio in Senato, dal commissario Ue per l'azione per il clima e l'energia Miguel Arias Canete.

Le indicazioni dei senatori riguardano i diversi pilastri dell'Unione dell'energia.

Più sicurezza e solidarietà

Piena condivisione del primo pilastro dell'Energy Union, quello relativo alla sicurezza degli approvvigionamenti attraverso la diversificazione di fonti, fornitori e rotte di transito. Il suggerimento che arriva da Roma è sostanzialmente in linea con il modello pensato da Bruxelles: “Promuovere, a complemento della produzione interna e delle importazioni dalla Russia, l'approvvigionamento dai giacimenti del Mediterraneo orientale, del Caspio e, compatibilmente con i vincoli di una politica estera a promozione e difesa della pace, del Medio Oriente e del Nord Africa”, si legge nella risoluzione approvata in Senato.

Inoltre, Palazzo Madama “auspica la ricollocazione delle attuali reti nazionali dei gasdotti in una rete europea, superando le strozzature infrastrutturali e le resistenze regolatorie dei singoli paesi”, onde evitare “investimenti inutili in una logica europea” e consentire un maggiore “grado di concorrenza nel settore”. Nello specifico, si intende puntare sul reverse flow di gas naturale sulle direttrici Sud-Nord ed Ovest-Est, condizione che, oltre a offrire alternative di fornitura ai paesi dell'Europa dell'Est, farebbe dell'Italia l'hub europeo del gas naturale. In tal senso, del resto, si muove il progetto di gasdotto Tap (Trans Adriatic Pipeline) che dovrebbe portare in Europa il gas azero, approdando in Puglia.

Quanto allo stoccaggio del gas, i senatori lanciano un appello alla Commissione europea, affinché preveda “una gestione congiunta a livello Ue delle quantità da conservare nel tempo e, ai fini della competizione nel settore, a considerare gli stoccaggi come parte integrante delle infrastrutture deputate a servire il mercato seguendo le oscillazioni della domanda”.

La risoluzione affronta anche un aspetto del pacchetto criticato da diversi stakeholder: la proposta, avanzata dalla Polonia, di istituire dei gruppi d'acquisto collettivi di gas in caso di crisi. Partecipazione che, per il Senato, dovrà essere obbligatoriamente su base volontaria.

Quanto al settore elettrico, “in attesa di una riforma più ambiziosa dei mercati all'ingrosso capace di remunerare le riserve di sicurezza già nel normale sistema dei prezzi”, Palazzo Madama suggerisce un approccio cauto: necessaria “grande prudenza nell'introdurre prezzi minimi garantiti, che di fatto ricostituirebbero sistemi di capacity payment”.

Un mercato dell'energia pienamente integrato

La parola chiave è interconnessioni, in primo luogo elettriche. L'obiettivo europeo è di avere sistemi elettrici nazionali interconnessi tra loro per almeno il 10% della capacità di produzione di ciascuno entro il 2020, e per almeno il 15% entro il 2030. L'Italia suggerisce di condizionare tali obiettivi ad adeguate analisi costi-benefici, onde evitare investimenti non efficienti. Se comunque venisse comunque confermata l'adozione di target predefiniti e fissi, dovrebbero essere riferiti all'energia complessivamente utilizzata in un paese in un certo periodo di tempo, o alla punta di capacità effettivamente utilizzata nell'anno, e non alla capacità produttiva, che in molti stati è sottoutilizzata.

Quanto alla proposta comunitaria di promuovere maggiormente il coordinamento fra i gestori di rete e la loro integrazione su base regionale, il Senato si dice d'accordo. Ma, aggiunge nella relazione, è necessaria “una maggiore trasparenza nelle regole di funzionamento, garantendo al nuovo sistema europeo un'adeguata sorveglianza regolatoria”.

Un richiamo anche ai Progetti di interesse comune (PIC), con la richiesta di “semplificare le regole di accesso al sostegno finanziario ed estendere l'accesso ai fondi del Connecting Europe Facility anche per il finanziamento di progetti di interconnessione con paesi terzi”. Nel caso italiano, con riferimento alla Tunisia. In tal senso, le commissioni suggeriscono di superare la previsione secondo cui un progetto si qualifica di interesse comune solo qualora interessi almeno due stati membri o dell'Area economica europea. Un vincolo, si legge nella risoluzione, che “costituisce un forte ostacolo a possibili sviluppi infrastrutturali verso paesi extra-Ue".

Non manca nel testo un passaggio sulla tutela dei consumatori: “si auspica la definizione di un quadro di riferimento europeo nell'ambito del quale ciascuno stato possa definire la distribuzione degli oneri generali di sistema, evitando che essi siano connessi a una quantità di energia elettrica in rete in costante decrescita". Situazione "che comporterebbe inevitabilmente, a parità di gettito, un continuo aumento dei loro valori unitari, vanificando così gli sforzi dei Governi per ridurre il costo dell'energia”. 

L'efficienza energetica al primo posto

Il terzo pilastro dell'Unione dell'energia è forse quello su cui i senatori paiono più cauti. Pur dicendosi a favore degli obiettivi posti dal pacchetto in materia di efficienza energetica e green economy, che sono più ambiziosi rispetto alla strategia Europa 2020, le commissioni parlamentari si dicono preoccupate dall'eventualità che ciò possa “generare distorsioni della concorrenza globale e spiazzare l'industria europea, favorendo la delocalizzazione di attività produttive energy intensive in macroregioni del mondo meno rispettose dell'ambiente, con il duplice effetto negativo di aumentare l'inquinamento globale e la disoccupazione nell'Ue”.

Gli impegni per il 2030, suggeriscono i senatori, andrebbero “realizzati nel contesto di adeguati accordi che coinvolgano tutte le principali economie del mondo, con particolare riferimento alla Conferenza di Parigi e ai negoziati sul Partenariato Transatlantico su commercio e investimenti (Ttip)”.

L’Ue, si legge ancora nella relazione, “dovrebbe spingere gli stati membri verso percorsi accelerati di efficientamento energetico, sia per la costruzione e la ristrutturazione degli edifici, sia per tutte le filiere industriali, inclusa la gestione dei rifiuti, scoraggiando i sistemi di smaltimento ad alto impatto di produzione di gas-serra, specialmente ove non collegati a sistemi di raccolta differenziata”.

No agli incentivi diretti, che “possono drogare i mercati e divenire fonti di inefficienza, se mantenuti troppo a lungo nel tempo e se mal calibrati”. Meglio puntare su norme regolatrici dei mercati che favoriscano il passaggio verso sistemi energetici e di produzione a bassa emissione di gas serra. 

E sempre a proposito di rinnovabili, e in particolare in tema di sviluppo e integrazione delle fonti pulite per la produzione di energia elettrica, al fine di favorire lo sviluppo di un mercato all’ingrosso europeo, la relazione propone meccanismi d'asta efficienti e competitivi a livello Ue, mercati intragiornalieri liquidi e mercati del bilanciamento integrati per mettere a fattor comune le riserve operative e massimizzare la flessibilità transfrontaliera.

Decarbonizzare l'economia

Le indicazioni del Senato in merito al quarto pilastro dell'Energy Union riprendono, in sostanza, quanto detto per le rinnovabili e l'efficienza energetica: l'impegno unilaterale dell'Ue a ridurre le emissioni del 40% entro il 2030 dev'essere sì promosso come punto di riferimento per le altre macroregioni del mondo, ma dev'essere anche considerato in relazione agli impegni che il resto del mondo è pronto ad assumersi. Detto in parole povere, l'Ue non può correre da sola.

Un passaggio indicativo della relazione riguarda l'Ets, il meccanismo europeo per lo scambio delle quote di emissioni di CO2. Un sistema che, finora, non sembra funzionare: “Contrariamente alle ambizioni originarie è stato adottato solo dall'Europa e non è riuscito nel tempo a formare prezzi di mercato utili agli scopi istitutivi”.

Nel frattempo, Parlamento e Consiglio sono arrivati a un accordo sulla riforma dell'Ets, nello specifico  sulla riserva stabilizzatrice, che dovrebbe andare al voto nel corso della prossima plenaria. La Commissione, inoltre, intende riformare l'Ets prevedendo quote gratuite per i settori maggiormente esposti al rischio di delocalizzazione.

I senatori parlano chiaro: il progetto di riforma dovrà rendere “il mercato delle quote di emissione di gas a effetto serra finalmente liquido e remunerativo in misura sufficiente ad attivare un ciclo di investimenti contro i cambiamenti climatici”, altrimenti si rischia di introdurre nuove forme di sussidio nel quadro di un sistema di prezzi sostanzialmente amministrati. Nel qual caso “andrebbe riconsiderata l'alternativa dell'introduzione graduale di forme articolate di carbon tax a valere sia sulle merci prodotte nella Ue sia su quelle di importazione, così da evitare, nel rispetto degli accordi WTO, effetti negativi di spiazzamento dell'Europa nel commercio mondiale”.

Ipotesi che però il commissario Canete ha respinto categoricamente: “è difficile stabilire il contenuto di CO2 dei prodotti importati e una misura di questo tipo potrebbe scatenare reazioni da parte degli importatori”, dichiara. Inoltre, stabilire alla conferenza sul clima di Parigi (COP21) “una carbon tax globale per tutti è una missione molto complicata. Dovremo prendere decisioni molto importanti e parleremo del mercato del carbone, ma non arrivando a dire che ci sarà una carbon tax”.

Nella risoluzione si spinge per ridurre gradualmente le fonti energetiche fossili e la loro incentivazione, anche in vista della COP21, la conferenza sul clima che si terrà a Parigi a fine anno: Ue e paesi membri si impegnino affinché ogni stato del mondo adotti obiettivi ambiziosi e misurabili di riduzione di gas serra, indicando l’anno in cui raggiungere il picco di emissioni e la successiva velocità di riduzione. L’Europa, essendo stata araldo della lotta al global warming, gode di tutta la credibilità per intraprendere azioni diplomatiche a tutti i livelli su queste tematiche”. Allo stesso tempo, tornano ad avvertire i parlamentari, Bruxelles “eviti di raggiungere i suoi obiettivi di riduzione delle emissioni mediante delocalizzazione degli impianti ad alta emissione di gas-serra nei paesi extra Ue”.

Ricerca e innovazione

Breve il richiamo al quinto e ultimo pilastro dell'Unione dell'energia: pieno appoggio viene espresso all'obiettivo Ue di accrescere la competitività dell'economia europea attraverso investimenti nelle imprese ad alta tecnologia, che sviluppano prodotti e servizi per l’efficienza energetica e la riduzione delle emissioni inquinanti.